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Abbiamo alcuni problemi con la liberazione dei capezzoli femminili: si chiamano "vestiti".

Immagine del redattore: VALERIA FONTEVALERIA FONTE

Arriva, ad un certo punto, il momento di svelare un arcano: i capezzoli femminili non sono genitali. Lo so, è sconvolgente, ma qualcuno doveva pur dirvelo. Questo segreto antichissimo ormai svelato ci racconta di come, quindi, essi siano paragonabili alle orecchie, ai piedi, al collo, all'ombelico. Hanno in comune il fatto di poterci fare eccitare: ma allora perché piattaforme come quella di Instagram nuocciono gravemente alla salut...cioè, no, a questa tesi? Perché c'è una differenza fra i capezzoli dei maschi e quelli delle femmine, e questa risiede nel fatto che ad una certa alcuni di questi verranno censurati, e no, non sono quelli dei maschi. La censura, paradossalmente, non verte a proteggere il buon costume di nessuno se non quello della persona che possiede capezzoli sessualizzati. Ma la domanda è: chi ha scelto per questa persona? O ancora, chi ha scelto cosa è il "buon costume"? Un pensiero patriarcale e maschilista che, egemone, decide un po' a cazzo de cane per le vite di tutt* noi.

Facciamo un gioco! L'ho chiamato: desessualizzazione.

Cosa possiamo fare mentre attendiamo lungamente una rieducazione collettiva? Svestirci, e farlo senza provocare sessualizzazione. Si può fare? Sì.

Ti lancio, inoltre, una sfida: trovami i capezzoli maschili.






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